Dipingere Starry Night è stato per me un'esperienza davvero unica; si entra in un mondo che è tipicamente vangoghiano; qui l'elemento cardine di tutto il lavoro è l'uso direi ossessivo della linea curva, tutto è sinuoso, tutto sembra improvvisato ma non lo è. L'idea di fondo nasce e muore al centro della tela, dove Van Gogh ha piazzato un vero e proprio nodo, un rimescolarsi di flussi di energia, flussi vitali che sostengono le luci delle stelle, potrei dire che l'artista ha dipinto l'amore, quell'amore così caro a Dante (L'amor che move il sole e l'altre stelle (Paradiso XXXIII,145), qui in chiave si cristiana ma intriso di quell'immaginario orientaleggiante di matrice cinese e giapponese che imperversava verso la fine dell'800 in Francia, iconografia molto cara a Van Gogh; come non notare infatti in quel vortice centrale un chiaro riferimento al concetto dello yin (nero) e yang (bianco) importantissimo nella filosofia cinese, quel bianco e nero che energeticamente si rimescolarono di continuo nel carattere dello stesso pittore olandese sino alla fine.
Giaman
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